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Published on Settembre 23rd, 2019 | by Militant

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MARX, GRETA E LA FORESTA IN FIAMME

Di: Fronte Militante per la ricostruzione del partito comunista (QUI l’originale)

Stefania Rossini, su “L’espresso”, nel pezzo che ha lo stesso titolo di questo nostro post, risponde ad una lettrice a proposito della “follia autodistruttiva […] potenziata dal cinismo del capitalismo”, di fronte al quale propone come “antidoto consolatorio” “il consiglio del vecchio Marx che esortava a trattare la natura «come una proprietà perpetua della collettività, condizione inalienabile di esistenza e riproduzione delle generazioni successive»”.
Fa bene la giornalista a ricordare Marx, ma non comprende che il richiamo di Marx non è consolatorio, né, tantomeno, si limita a tracciare un astratto dover essere, quasi che fosse un moralista alla Francesco I.
Per Marx non si tratta di auspicare un cambiamento nel modo di pensare e/o di consumare ma della necessità di un rivoluzionamento da realizzare nella struttura economico-sociale.
Il papa sogna un ritorno ad un’epoca primordiale che cancelli l’intervento dell’uomo sulla natura per renderlo subalterno al dio-creatore.
Il comunista opera non guardando indietro ma guardando avanti, non rivolgendosi ad un dio inesistente ma agli sfruttati in carne ed ossa, per costruire un percorso – interamente umano – di emancipazione, di liberazione del proprio tempo di costruzione di un organizzazione sociale armonica rispetto agli altri uomini e alla natura.

Oggi la tecnologia, applicata alla produzione, si rivolge contro l’uomo e la natura non di per sé ma per il suo uso di classe (a scopo di profitto) che ne fa la parte della specie umana che domina nella società: la borghesia.
Marx chiarisce a più riprese – dai Manoscritti al Capitale, alla Critica al programma di Gotha – che la contrapposizione tra tecnica, natura e bisogni umani è falsa: solo mettendo al centro il valore d’uso contro i rapporti fondati sul valore di scambio sarà possibile creare e potenziare nuove tecnologie compatibili con il pieno rispetto della natura e dell’uomo.
Ecco perchè, nel quadro delle mobilitazioni a difesa dell’ambiente, che in questi giorni ci stanno vedendo impegnati nelle piazze, dobbiamo criticare senza mezzi termini coloro che pensano di risolvere i problemi dell’ambiente all’interno del sistema capitalistico e/o all’interno delle aule parlamentari.

I riformisti dell’inquinamento sono complementari a quelli dello sfruttamento, sognano di risolvere tutto con leggi “progressiste”, o con il “green new deal”. E’ la malattia di tutti i riformisti, ovunque collocati. Pensare di eliminare gli effetti del capitalismo senza colpirne le cause.
I riformisti sono anche loro inquinatori. Inquinatori politici che si rivolgono allo Stato, quello Stato che fa da garante allo sfruttamento dei proletari e alla distruzione dell’ambiente (come dimostrano la Tav, l’Ilva, e non solo).
Chi parla di ambiente ma rifiuta di vedere l’origine di classe del degrado ambientale non è in grado di individuare soluzioni autenticamente costruttive. L’anarchia del capitale, giunto al suo massimo sviluppo, è sempre meno governabile. Il capitalismo sa vivere solo nel presente, devastandolo. La dimensione di un futuro rispettoso della natura e delle generazioni che verranno è incompatibile con la logica del mercato.
E, a questo proposito, Marx, a differenza di quanto scrive Stefania Rossini, non è per nulla “consolatorio” perchè ci fa comprendere che solo partendo da un programma di classe è possibile collegare in modo vincente la denuncia dell’uso capitalistico della natura con la lotta per porre fine al sistema capitalistico, disumano e contro natura.

Senza eliminare la produzione controllata dalle aziende, senza il superamento della distribuzione fondata sullo scambio mercantile non sarà possibile dare vita ad un piano unitario e cosciente di riproduzione della specie in una associazione produttiva davvero a misura d’uomo.


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