Scuola e università

Published on Novembre 16th, 2013 | by Militant

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Nuovo pacchetto stabilità: scuola e università continuano a pagare

18.11.13

Un comunicato del ministero afferma che il disegno legge delega in materia di università, ricerca e scuola è stato superato. Il motivo, chiaramente, non è che questo prevedesse altre riforme culturicide che affossavano la già devastata università ma che ai parlamentari non era piaciuta la forma adottata della delega che andrebbe sostituita da una legge ordinaria. Per cui rimangono invariate le nostre critiche alla riforma che probabilmente si farà lo stesso seppur seguendo un differente iter di approvazione.

16.11.13

Sta circolando da poche ore lo SCHEMA DI DISEGNO DI LEGGE COLLEGATO ALLA LEGGE DI STABILITÀ 2014 “DELEGA AL GOVERNO IN MATERIA DI ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA”.
Una entusiasmante raccolta di nuove norme da adottare entro 9 mesi dall’entrata in vigore della stessa legge.
I punti salienti, che ci prestiamo ad illustrare, sono perfettamente in linea con la riforma Gelmini che ha aperto le porte alla privatizzazione delle università chiudendole, anzi sprangandole, all’accesso di nuovi docenti e ricercatori (stabilendo un turn-over di1\5 ovvero un’assunzione ogni cinque pensionati) e che ha ridotto enormemente i finanziamenti riducendo ad un vago ricordo la ricerca e i servizi agli studenti aumentando peraltro le tasse.

Nella legge, che il governo nato dalla coalizione di PD e Pdl sta per approvare, si stabilisce:

  • l’incentivazione dei finanziamenti privati a ricerca e insegnamento
  • la portabilità dei fondi di ricerca
  • l’aumento delle tasse a piacere
  • abilitazione scientifica nazionale a numero chiuso (l’ASN attesta la qualificazione scientifica che costituisce requisito necessario per l’accesso alla prima e alla seconda fascia dei professori)
  • una maggiore elasticità nella selezione dei lavoratori precari (ovvero deregolamentazione delle norme sui criteri di assunzione).

Queste norme non fanno altro che far fare un ulteriore passo in avanti alla riforma Gelmini stabilendo in maniera ancor più chiara che il futuro dell’università italiana deve essere basato su alcuni principi precisi:

  • riduzione massiccia degli atenei italiani a quelli più “virtuosi”
  • dirigenza della didattica e della ricerca in mano agli enti privati
  • limitazione dell’accesso all’università agli studenti provenienti dalle classi sociali più alte che possano permettersi tasse elevatissime
  • nascita di una strettissima cerchia di professori a tempo indeterminato circondati da ricercatori precari ricattabili e costretti a svolgere attività che non gli competerebbero e per le quali non sono retribuiti.

Ora è importante chiarire alcuni concetti:

  1.  gli atenei “virtuosi” sono quelli che non sforano il limite del 90% delle spese per il personale sul Fondo di Finanziamento Ordinario (cioè i finanziamenti pubblici) ovvero sono quelli che si svendono ai privati per ricevere fondi e riducono gli stipendi al personale per rimanere sotto quel 90% dell’FFO.
  2. Il fatto che gli atenei sono costretti a inserire nei loro cons. di amministrazione (riforma Gelmini) dei rappresentanti di enti privati e che dalle aziende hanno necessità di ricevere finanziamenti si traduce nell’essere effettivamente ai comandi “di chi paga” per quel che riguarda didattica e ricerca.
    Un esempio? Inutile, in un corso di biologia, investire soldi per corsi che istruiscono gli studenti alle tematiche ambientali che non interessano le aziende; meglio concentrare tutti gli sforzi su ambiti altamente produttivi, come quello farmaceutico che potranno portare un concreto vantaggio economico all’ente finanziatore.
  3. L’aumento delle tasse come detto impedisce di fatto il libero accesso agli studi universitari mandando in malora il principio che tutti hanno diritto all’istruzione a prescindere dalla propria classe sociale. Il risultato è che si torna, come un tempo, ad un’università, e quindi al mondo della cultura, in mano ai ricchi mentre i più poveri rimarranno ignoranti e asserviti al potere.
  4. Il numero chiuso anche per l’abilitazione dei docenti è ancora un altro passo che mira a ridurre il personale impiegato in maniera stabile presso le università permettendo l’ampliarsi del fenomeno del baronato per cui chi è arrivato a conquistare una poltrona è un privilegiato che farà di tutto per mantenerla il più a lungo possibile e che eserciterà un grande potere all’interno dell’ateneo con i risultati che tutti conosciamo in termini di sfruttamento del personale precario, di manifestazione di privilegi all’interno degli organi decisionali ecc.

In tutto ciò quindi l’università come luogo di alta formazione culturale, gli studenti e il personale precario ricevono ancora un durissimo colpo a vantaggio della classe dirigente e delle aziende private ai cui interessi vengono subordinati gli studi e l’organizzazione stessa dell’università.
Proprio in questi giorni ha chiuso l’università di Atene a causa dei tagli del governo; si tratta di un evento tragico, segno della decadenza dell’occidente frustato ogni giorno dalle decisioni scellerate di chi ci governa. In Italia la situazione non è poi molto differente: da anni chiudono decine di corsi, di laboratori, di aule, la qualità dell’insegnamento sta scendendo vertiginosamente ed Atene non ci sembra più tanto lontana.

A QUESTO MODELLO DI ISTRUZIONE CI RIBELLIAMO CON FORZA:  SCUOLA E UNIVERSITÀ DEVONO ESSERE INDIPENDENTI, DI QUALITÀ E DI MASSA!
Per tale ragione invitiamo studenti e lavoratori precari a unirsi nella lotta per un’università che valorizzi realmente il diritto allo studio, fuori dai condizionamenti imposti da banche e padroni,  e siamo a disposizione, come studenti e lavoratori del collettivo Red Militant, a costruire forme di lotta all’altezza della drammaticità della posta in gioco.

Qui il testo integrale delle norme citate

Contattateci: info@redmilitant.eu

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