Approfondimento

Published on Maggio 13th, 2012 | by Militant

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Razzismi e neofascismi: strumenti al servizio del capitale

Le recenti elezioni in Francia e Grecia (e quelle meno recenti in Ungheria e Russia)
mettono in risalto l’ascesa delle forze razziste, fasciste, naziste. Non si tratta certo di coincidenze.
Il sistema capitalistico, sia nella forma statuale che in quella sovranazionale, non riesce più a garantire, in periodo di crisi drammatica e massacrante per le masse popolari, il perseguimento del proprio ordine di classe con il semplice ricorso all’ordinamento giuridico; per raggiungere il suo scopo deve necessariamente ricorrere ai “rigurgiti” (come li definiscono in tanti della cosiddetta “sinistra”) razzisti e neofascisti.
Peccato che non si tratti di rigurgiti ma di uno strumento di occultamento dello scontro di
classe assai utile per il mantenimento (e il rafforzamento) del potere della classe dominante.
Il potere capitalistico oggi esige il razzismo, gli stati borghesi ormai non fingono più di
reprimerlo, anzi lo rafforzano e lo fomentano.
I diritti umani, lungi dall’essere naturali – come vorrebbero catechismi rimodernati- o innati,
come ripropongono stancamente vetuste formule metafisiche, sono – ci spiega Marx – il
compimento delle “lotte contro la casualità della nascita e contro i privilegi […] il risultato
della cultura, e li può possedere solo colui che se li è guadagnati e meritati”. I diritti sono,
quindi, un prodotto sociale, si formano storicamente. Il razzismo serve al sistema
capitalistico a espropriare le masse sfruttate dalla possibilità di crescita comune, non riconducibile agli affari di chi domina. L’ideologia dominante, in versione razzista-neofascista, ha fatto penetrare in larghe masse a livello europeo, un vero e proprio
sovvertimento della storia, dove gli uomini sono ridotti a monadi isolate, che interiorizzano
la convinzione che gli altri proletari (gli immigrati, quelli del Sud rispetto a quelli del Nord,
gli anziani rispetto ai giovani) minaccino la propria esistenza e non siano, invece, parte dellasoluzione del problema, cioè della realizzazione della propria libertà.
Un ordine mondiale al tramonto dà nuovamente vita ai fantasmi del razzismo come
compensazione illusoria della propria incapacità di dirigere le forze produttive in modo non
contraddittorio, per occultare le reali radici, strutturalmente contraddittorie, della crisi
devastante che lo sconvolge e delle disuguaglianze e immiserimenti che ne conseguono.
Il razzismo, il neofascismo sono un predicato del potere economico-finanziario, il servo usa e getta delle centrali finanziarie, il jolly da giocare per spezzare l’identità che deriva dalla comune condizione di classe e identificare negli stranieri (immigrati e non) il nemico da disprezzare, la causa delle disavventure nazionali.
Lo stesso termine “extracomunitario” sta ad indicare un lavoratore privo di qualunque
identità se non quella di essere una merce, così come i padroni statunitensi coniarono il
termine negro per identificare una loro proprietà, al pari di altri oggetti.
La supposta unicità dell’identità dominante per fissare storicamente la riproduzione della gerarchia del privilegio deve arraffazzonare miti (ad esempio la patria, il tricolore, il sangue italico, e, perché no, le glorie imperiali da rinverdire con le avventure neocoloniali all’estero) buoni a costruire – soprattutto in questi tempi di crisi – un fideismo di stampo nazionalista, impermeabile alla conoscenza critica del reale.
L’abito da parata della democrazia borghese è logoro e presenta strappi non facilmente
riparabili: i partiti borghesi tradizionali subiscono i contraccolpi della crisi, diventano
gendarmi della BCE e del FMI, diventano inidonei ad esorcizzare lo spauracchio della
mancanza di “tenuta sociale”. Il binomio razzismo-fascismo manifesta ancora una volta la
sua intramontabile utilità al servizio della razza padrona. I razzisti e i neofascisti permeano
la vita politica dei diversi paesi dominati dal mercato unico con la stessa densità e varietà
con la quale i vermi abitano in un cadavere.
Per il sistema in crisi la frantumazione sociale è vitale per difendere i propri privilegi,
per isolare gli esclusi tra loro, per determinare su di essi un’oppressione che cresce
man mano che si acuiscono gli effetti della crisi.

L’olocausto che la dittatura del capitale predispone sacrificando vite umane e beni materiali – e dotandosi delle forme più bestiali di difesa dei suoi inumani egoismi di classe (il razzismo e il fascismo, appunto) – è l’oggetto della critica da sviluppare, una critica che
deve diventare arma da impugnare da parte delle masse sfruttate nella battaglia
irrinunciabile per la loro emancipazione. A meno che non si voglia ancora,
autolesionisticamente, nascondere la testa sotto la sabbia come gli struzzi, aderendo passivamente all’ideologia dominante; un “lusso” che davvero non ci possiamo permettere.

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